SILLABARIO VENETO (Letture a km zero)

SILLABARIO VENETO. VIAGGIO SENTIMENTALE TRA LE PAROLE VENETE
di Paolo Malaguti (Santi Quaranta, 2011)

Incontro con l’autore, letture e musica
con Paolo Malaguti, Martina Pittarello, Gabriele Grotto (batteria e percussioni)
Progetto: letture a km zero

Dalla A di amia alla Z di zagheto, passando per caigo, freschin e scravasso. Un singolare vocabolario in cui le parole lasciano il posto al diario: ricordi d’infanzia, paesaggi familiari, personaggi divertenti attraverso i quali passa la saggezza delle nostre radici.
Voci di una lingua “sentimentale”, che diventano ritratti familiari e racconto umoristico, un “teatro-filò fluente e festoso”.
 
qui si può trovare il podcast :

https://www.facebook.com/watch/?v=676725539679288

Il giovane scrittore padovano ha il dono spontaneo e felice della narrazione, che è insieme affabile e suggestiva, come ha dimostrato nel fortunato romanzoSul Grappa dopo la vittoria, la sua opera prima. In questo sillabario si distende incisiva e coinvolgente l’oralità veneta che viene da secoli di profonda e accattivante tessitura, da scrigni di affabulazione intensi e misteriosi.

Malaguti, però, ha anche il dono della ‘scena’; sa immettere nella vita – con il teatro della vita – le sue parole venete, i suoi cavalieri che vengono al trotto dai territori della fiaba, ma pure dal crudo continente dell’esistenza. Il suo gustosissimo, raffinato e popolaresco Sillabario veneto porta sulla scena uno stuolo di voci briose e ammiccanti, un corteggio di personaggi erranti e picareschi: vengono dalla saggezza popolare delle Venezie, dal filò, dai teatrini dell’aia e del cortile di casa; ma vengono anche da una grande cultura antica del riso che spiazza e coinvolge, facendo intravedere le orme rusticali e motteggianti di Teofilo Folengo, gli indizi disincantati e ridenti dell’Orlando furioso, o le atmosfere garbate, lievemente maliziose e pacificanti del Goldoni.

Le voci venete di Malaguti, qui raccolte con estro, bravura e agilità, non si fanno dizionario didattico, piccola summa dimostrativa del vernacolo; diventano invece racconto godibile per ogni vocabolo introdotto, parlata domestica esuberante e collettiva, teatro-filò fluente e festoso; un giardino di fiori, piante ed erbe diverse, l’amarcord penetrante e poetico di una civiltà orale che non c’è più.

Si tratta, insomma, di un’opera segnata da un forte senso comunitario e da una coralità d’insieme, un singolarissimo diario veneto, in cui trovano posto il ritratto di una Padova familiare e amabile e il riquadro ammirato per una Treviso vivissima, colma di acque e di risorgive; con una lingua di una bellezza spesso sfolgorante e savia. Il lettore ne resterà ammaliato.

(dalla prefazione al libro)