Dovremmo essere tutti femministi_ Chimamanda Ngozi Adichie

In Svezia tutti i sedicenni riceveranno una copia del manifesto femminista di Chimamanda Ngozi Adichie

(Internazionale)

“Difficile che a 16 anni io sapessi che cosa significava la parola ‘femminista’”, confessa Chimamanda Ngozi Adichie, la scrittrice nigeriana che ha ricevuto diversi premi per opere come Metà di un sole giallo e Americanah. “Però ero femminista”, aggiunge convinta.

L’ultimo libro di Adichie è Dovremmo essere tutti femministi, un saggio intimo che parla di politica della sessualità, di costruzione del genere e delle esperienze personali dell’autrice in quanto donna africana (è uscito sul numero 1079 di Internazionale). Il testo, un adattamento di una conferenza Ted tenuta da Adichie nel 2013 che nel frattempo ha avuto più di due milioni di visualizzazioni su YouTube, è sia una narrazione sentita sia un appello all’azione femminista al livello globale.

CHIMAMANDA NGOZI ADICHIE A TEDXEUSTON NEL 2013

Questo appello ha ricevuto una reazione attenta almeno in uno stato. In Svezia, dove il libro è uscito il 1 dicembre, diverse organizzazioni hanno unito le forze per distribuirlo a tutti i sedicenni del paese.

La Swedish women’s lobby (Swl), in collaborazione con la casa editrice Albert Bonniers Förlag, con la United Nations association of Sweden e con diversi altri gruppi, il 2 dicembre ha annunciato che farà in modo che una copia gratuita del libro sia distribuita a tutti gli studenti del penultimo anno delle scuole superiori. Finora sono più di centomila i volumi distribuiti, e per il mese prossimo la Swedish women’s lobby progetta di fornire delle schede didattiche agli insegnanti.

Anche se il libro sarà distribuito gratuitamente solo agli adolescenti, la speranza è che tutti i cittadini ne traggano beneficio. Clara Berglund, la presidente della Swl, ha detto: “Avrebbero dovuto leggere un libro come questo i miei compagni di scuola maschi quando avevamo 16 anni”. Il saggio di Adichie, ha aggiunto Berglund, sarà “un regalo per noi e per le generazioni future”.

Alla conferenza stampa organizzata dal gruppo a Stoccolma per annunciare il progetto, Adichie si è rivolta in videoconferenza agli studenti delle scuole superiori svedesi con queste parole:

Per me il femminismo è una questione di giustizia. Sono femminista perché voglio vivere in un mondo più giusto. Sono femminista perché voglio vivere in un mondo in cui nessuno dica mai a una donna che cosa può o non può fare, che cosa deve o non deve fare, solo perché è una donna. Voglio vivere in un mondo in cui gli uomini e le donne siano più felici, in cui non siano vincolati dai ruoli di genere. Voglio vivere in un mondo in cui gli uomini e le donne siano davvero alla pari, e per questo sono femminista.

Naturalmente la Svezia non è l’unico paese che ha esaltato il libro di Adichie come modello di discorso femminista. In questi giorni il saggio è in cima alla classifica di Amazon dei best seller dedicati agli studi di genere e la cantante statunitense Beyoncé ha perfino campionato le parole di Adichie in un brano pop incluso nel suo ultimo album.

(Traduzione di Floriana Pagano)

https://www.internazionale.it/notizie/
2015/12/04/dovremmo-essere-tutti-femministi-chimamanda-ngozi-adichie

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Mia figlia, 12 anni, e i video porno sul telefono
(Concita De Gregorio, Repubblica, 16 gennaio 2018)

Grazie a Giacomo M., Roma

“Mamma cosa mi dicevi che era un film porno?”.

“Domanda bruciapelo di nostra figlia, 12 anni. Seconda media, scuola pubblica romana. Insegnanti con armi spuntate contro l’inarrestabile avanzata delle corazzate di Snapchat, whatsapp, Facebook, Instagram e altre Ferrari del mondo social: è girato un video porno durante la lezione, in classe”.

“Ecco: con gli smartphone abbiamo messo delle Ferrari in mano ai nostri figli preadolescenti. L’altro giorno un padre mi raccontava che al figlio di terza elementare è stato girato un video porno da un compagno di classe: 8 anni. L’altro anno nostra figlia (prima media) era l’unica in classe a non avere un cellulare. I compagni l’hanno spappolata psicologicamente fino a che non abbiamo convenuto che era meglio fornirle un telefono, condividendo le regole di utilizzo e spiegandole in maniera serena ma puntuale i rischi (non farsi riprendere in situazioni che non le piacerebbe gli altri vedessero, non scrivere offese, etc)”.

“Non possiamo tenere nostra figlia in una campana di vetro, ma davvero i mezzi social amplificano potentemente le (instabili) emozioni e pulsioni dei preadolescenti. Sono armi troppo potenti. Per carità molti di noi alla loro età parlavano di sesso, qualcuno lo praticava già, tanti si ingegnavano per sgattaiolare dal giornalaio compiacente, ma era tutto molto meno accessibile. Non veniva offerto sistematicamente trenta volte al giorno sul telefono personale”.

“Oggi se non giri video o immagini porno nelle chat dei 40enni sei un bigotto, un rompiscatole. Ho amici che sono usciti dalla chat della squadra di calcio per questo motivo, contro le prese in giro dei compagni. Ma i nostri figli è impossibile che abbiano a quella età la stessa forza morale, perderebbero quella cosa cui un preadolescente non può rinunciare: la reputazione (reale o digitale che sia, ormai sono fuse)”.

“Davvero vogliamo crescere dei ragazzi che si aspettano che le future compagne facciano prestazioni da pornostar e delle ragazze che se non eseguono le medesime hanno una reputazione da suora? E’ questo il modello che violentemente stiamo offrendo loro: essendo tutto accessibile e socialmente obbligatorio glielo stiamo imponendo”.

“Gli altri genitori mi dicono ‘sono ragazzi. Non puoi fermare la tecnologia’. Fermarla no, ma regolarla sì. Per una volta possiamo essere lungimiranti e immaginare leggi che aiutino i genitori e le istituzioni a crescere le generazioni future? La Francia sta iniziando”.

“Basterebbe imporre per legge ai vari social di mettere dei VERI parental control (quelli di oggi sono all’acqua di rose) che blocchino con un solo click almeno i video hard. O impedire giochi dove vengono adescati i nostri figli da adulti con finte utenze?”.

“Se ci fosse anche solo un politico che proponesse leggi dure al riguardo… in Italia siamo 25 milioni di famiglie. Se si avesse la statura dei nostri padri costituzionalisti, oltre a un po’ di fermezza che va sopra gli interessi delle multinazionali del digitale, sarebbe un vero plebiscito”.

“Figlia mia il porno è un mercato dove ci sono degli attori che fanno l’amore davanti a delle videocamere per guadagnarsi da vivere. Torna a studiare”.